domenica 27 gennaio 2013

Classici #1: Mansfield Park di Jane Austen


Tra i miei propositi per il nuovo anno c'era quello di leggere i romanzi di Jane Austen, o meglio, quelli che mi rimangono da leggere.
Insomma, le intenzioni sono buone e, complice la Reading Challenge organizzata da Matteo di Storie dentro Storie, (trovate il banner qui a destra!) mi sono fiondata nell'impresa.
Il primo romanzo della celeberrima autrice inglese che ho scelto è Mansfield Park. 
Ho comprato questo romanzo l'estate scorsa, e ho scelto l'edizione in brossura della Newton Compton, che costa soltanto € 6,00. Il libro conta 320 pagine.

Per quanto riguarda la trama, la protagonista della storia è Fanny Price, che all'inizio del romanzo ha appena dieci anni, e vive con la sua famiglia, che però versa in disperate condizioni economiche. Troppe bocche da sfamare e pochissimi soldi. Proprio per questo, la madre della piccola Fanny ormai disperata, chiede alla sorella Lady Berthram - che al contrario di lei ha contratto un vantaggiosissimo matrimonio - di adottarla e tenerla con se a Mansfield Park, la tenuta dove vive con il marito sir Thomas, e i suoi quattro figli, Tom, Edmund, Maria e Julia.
Nella canonica della tenuta vive inoltre l'altra zia di Fanny, la zia Norris.
Fanny si lega immediatamente ad Edmund, del quale nel corso del tempo finisce per innamorarsi, ma al quale non dichiarerà mai i suoi sentimenti. La sua situazione sentimentale inoltre è destinata a peggiorare con l'arrivo dei fratelli Crawford, Henry e Mary, poiché proprio con la ragazza Edmund stringerà un particolare legame che fino alla fine del romanzo sembra che sfocerà nel matrimonio.
In realtà, alla fine Edmund sposerà Fanny, cosa che avviene soltanto nell'ultimo capitolo del romanzo.




Per quanto riguarda cosa ne penso io, beh, prima di tutto, bisogna parlare della protagonista: Fanny Price è distante anni luce da Elizabeth Bennet, Emma Woodhouse e Elinor Dashwood. Delle tre protagoniste dei romanzi della Austen che avevo già letto, lei ha ben poco. E' una ragazza timida, insicura, molto remissiva. Ama Edmund praticamente per tutta la vita, che però non la ricambia e anzi, afferma di amarla come una sorella. Di fronte alla "minaccia" di perdere l'amore della sua vita, che si innamora di Mary Crawford -l'esatto contrario di Fanny- non ha praticamente alcuna reazione, se non una dilaniante sofferenza interiore. Insomma, non riprende il modello di eroina degli altri tre romanzi della Austen.
A proposito di Mary, c'è da dire che è un personaggio estremamente ben delineato, il ritratto di una ragazza di città all'avanguardia, e lo si capisce da come pensa e come agisce. E' molto esuberante e non necessita di grandi sforzi per catturare l'attenzione e il cuore di Edmund. Ma ovviamente tutti i personaggi austeniani hanno pregi e difetti, così come pure Mary, che è estremamente egoista e cinica. Vuole Edmund, ma alle sue condizioni: tenta di dissuaderlo in tutti i modi dall'intraprendere la carriera religiosa, e davanti alla possibilità che Thomas (il fratello maggiore di Edmund) possa morire, non si scompone affatto, anzi confessa apertamente che per Edmund la mote del fratello sarebbe estremamente utile.
Devo ammettere che mentre leggevo, per tutto il tempo, ho aspettato sul serio che Fanny si svegliasse e desse dimostrazione di avere carattere, ma non lo fa.
Per questo il finale, che in teoria dovrebbe essere un lieto fine, non mi ha entusiasmata.
Edmund lascia andare Mary, nonostante abbia detto chiaramente che lei è l'unica donna che potrebbe essere sua moglie, per sposare invece Fanny, della quale non è innamorato, ma che corrisponde all'ideale della moglie quieta e fedele.
E se non avessi riflettuto bene su questo romanzo, probabilmente avrei scritto una recensione ancora più stroncante, ma in realtà ci sono diversi spunti su cui riflettere rispetto al semplice triangolo amoroso che si viene a creare nel corso della storia.
Il primo tema che salta all'occhio e sicuramente quello del matrimonio: vediamo quello tra Maria (una delle sorelle di Edmund) e Mr. Rushworth, che pur essendo un matrimonio conveniente a livello economico, non lo è sul piano personale, perchè Maria sopporta per pochissimo tempo il povero Rushworth, cominciando ben presto a tradirlo con Mr.Crawford. Allo stesso modo, la Austen disegna un possibile matrimonio tra Edmund e Mary Crawford, che non sarebbe potuto durare a lungo perché i due sono estremamente diversi, e Edmund ha bisogno invece di una donna come Fanny, che sia fedele, remissiva tranquilla.
Fanny, insomma, è il ritratto della moglie perfetta, e quindi anche il suo matrimonio con il cugino non potrà che essere perfetto e durare a lungo. D'altronde c'è una certa somiglianza anche con il matrimonio di Sir Thomas e Lady Bertram, la coppia più tranquilla di tutti i tempi.
Insomma, la Austen ci offre in questo romanzo il racconto più fedele della vita e del matrimonio di una ragazza dei suoi tempi.
Inoltre, conoscendo il passato e la situazione di Fanny, ci si rende conto che il suo personaggio non potrebbe affatto essere diverso da com'è. E' una ragazza che non ha l'appoggio della sua famiglia, e che nonostante sia stata accolta dai Bertram, è stata sempre considerata l'ultima ruota del carro (cosa che la zia Norris non può fare a meno di ricordarle costantemente), quindi da questi elementi si capisce sicuramente da cosa nasce
la costante insicurezza di Fanny e soprattutto quel senso d'angoscia che l'accompagna per tutta la durata del romanzo.
Un altro tema è sicuramente quello dell'ingiustizia, che già leggiamo già dalle prime pagine, e riguarda i genitori di Fanny, che pur essendosi sposati per amore, sono infelici perché sopravvivono a  stento, mentre sia i Norris che i Bertram, che si sono sposati esclusivamente per denaro vivono più che agiatamente.Un'ingiustizia sembra anche quella di un matrimonio tra Mary ed Emund, che lascerebbe Fanny con il cuore irrimediabilmente spezzato, nonostante lei lo ami con tutta se stessa.
Ma questo tema non riguarda solo il matrimonio, lo ritroviamo celato anche rispetto alla ricchezza dei Bertram, accumulata grazie al lavoro degli schiavi nella sua piantagione ad Antigua.
Insomma, è un romanzo su cui riflettere, perché ci fornisce uno spaccato della famiglia di un signore di campagna ai tempi dell'autrice, in un ritratto del tutto fedele.
Non è stata una delusione, ma non è neanche emozionante come "Orgoglio e Pregiudizio".
E secondo me è anche da leggere quando si è dell'umore giusto, perchè nonostante sia una narrazione scorrevole come tipico della Austen, in certi punti la protagonista è davvero triste e disperata, quindi rischia di contagiare anche voi.

Direi che questo è tutto!
Alla prossima,
Anna.

Questa recensione partecipa alla reading challenge "Un Classico al mese"
indetto da Storie dentro Storie

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